martedì 30 agosto 2011

Occhi tondi è tornata a casa

Faticoso, traumatizzante, foriero di pensieri sulla sostenibilità dello sviluppo, fatto di cemento armato, animali di ogni tipo in padella che stringono il cuore, piante miracolose in mezzo al traffico, cieli bianchi e aria densa come panna, che non ossigena il cervello. 
Razzista e arrabbiato per un popolo che ha dimenticato la sua storia e che pensa che tutto ciò che non si vende non abbia valore. 
Falso, come tutto quello che si vede e si fa, come il sorriso di un bambino che ha senso solo dentro l'obiettivo di una macchina fotografica. 
Divertente malgrado tutto, grazie alla sacrosanta capacità di ridere prima di disperarsi, senza dimenticare di pensare. 
Questo è stato il nostro viaggio. 
Ho tanto da scrivere e tanto da raccontare, lo farò presto.
Il giardino mi ha aspettata, resistendo come poteva, ingrigendosi e ammalandosi un po', ma non abbastanza per non essere recuperato.
I gatti anche, a modo loro, nascondendosi da tutti finchè non hanno sentito la mia voce e tornando in piena notte, pieni di fusa. Come spiegare loro che ogni tanto è necessario andare?
Sono nella mia casa e la mia casa mi sembra bellissima. 
Mi è mancato tutto.
Mi è mancato tanto anche pepetrolio.
Ma adesso occhi tondi (dal punto di vista cinese) è tornata.
A presto.

mercoledì 10 agosto 2011

Saluti da Pechino

Il pepequaderno procede,  spero tutto vada bene anche a casa (la suocera vigila e dice di si,  lei non dice le bugie) ...ci sarà da trascrivere,  da ripensare,  da condividere,  appena ci sarà una tastiera di dimensioni decenti

lunedì 8 agosto 2011

Pepetrolio 1.0

Ebbene, si parte.
Dopo un week end di bagagli, rifiniture all'impianto, alchimie nel vicinato perche' qualcuno vada a nutrire i gatti in mia assenza, fra poche ore si va.
Pepetrolio torna 1.0, si da' alla carta per tre settimane e non e' sicuro che funzionera'.
Se si' vi raccontero' di giardini cinesi e di citta' che crescono, non decrescono e forse collassano. Oppure il contrario, ancora non lo so.
Buona vacanza a tutti.

giovedì 4 agosto 2011

Requiem per G.

Ero gia' pronta a parlarvi di un sito molto interessante che ho trovato oggi e che ho messo anche sul pepe (tanto non e' pubblicita', perche' si tratta di un progetto non profit) che consente di scambiare cose invece di comprarle e di mettere a disposizione quello che sai o che sai fare degli altri. 
Vi avrei detto che ho messo un annuncio, in cui provo a offrire le mie artigianali competenze giardiniere in cambio di semi, talee o altri frutti della creativita' umana...ovviamente da settembre, al ritorno dalla Cina. Avrei confessato cho non ho molto altro da offrire, salvo attingere a certi orrori fuori lista nozze, ma sono curiosa di capire se c'e' possibilita' di condividere beni intangibili, prima di passare alle ciotole in silver.
Solo che poi sono tornata dall'ufficio, ho chiamato come sempre mia madre e aveva la voce rotta. Mi ha detto che era successa una cosa terribile, ed era vero.
"Ho finito di soffrire, vi ho voluto molto bene". Cosi' se n'e' andato G., cinque anni piu' di me. 
Una vita perfetta di un ragazzo perfetto. Moglie elegante e ricca, un lavoro da avvocato in giro per il mondo, una nonna e una mamma che lo adoravano.
La signora Elide, novantadue anni barelliera a Lourdes, schiena dritta e carattere di ferro, moglie del medico condotto che ha curato la varicella a generazioni di mie compaesani, seppellira' fra pochi giorni il suo nipote bellissimo e raffinato. Quello con la passione per le porcellane e la decorazione della tavola di Natale. Quello che aveva a lungo vissuto con lei, accompagnato da un cane husky algido e  con gli occhi gelidi, un alieno sperso nelle pianure emiliane con troppo pelo e troppo gelo nello sguardo. 
La migliore amica della mia mamma mettera' sotto terra un figlio, continuera' a portare la bicicletta con il cestino a mano per il centro del paese, un po' piu' curva, appoggiata piu' pesante al manubrio. Sulle spalle avra' il fardello immeritato di non aver capito, di non avere nemmeno intuito. Di essere stata al mare mentre suo figlio decideva di smettere di recitare su quel grande palco che era la sua vita. 
L'aveva sentito alle cinque del pomeriggio, G. 
Era in studio, al primo piano. Aveva la voce serena e felice, stava per partire per le vacanze. La sera dopo sarebbe andato a salutare i suoi, a cena da loro. Ciao. Ciao, a domani. Invece due ore dopo e' salito al quarto piano del palazzo dove lavorava e si e' buttato di sotto.
Lo raccolsero che ancora respirava, canta Guccini. E questo, della locomotiva, e' il pezzo che mi ha sempre rotto la voce in gola mentre cantavo.
Aveva le gambe e il bacino rotto, ma era ancora vivo. 
L'unica cosa che non gli e' riuscita perfetta nella vita, ammazzarsi. Si e' dovuto accontentare di una fine meno netta, in un letto di ospedale. 
A me resta il ricordo di Cicciobello nero, che mi regalo' lui che eravamo bambini. Ho un ricordo pulito e chiaro di quel pomeriggio, una sua festa di compleanno, credo. Ero molto piccola, perche' era il periodo della depressione di mia mamma e lei non credeva di farcela, ad accompagnarmi a casa di quella che era innanzitutto la sua migliore amica.
Ricordo una telefonata su questo. 
Alla fine eravamo andate e sul finire della giornata, nel cortile in cui anni dopo avrebbe vissuto il cane husky circondato dalle rose grasse della signora Elide, io continuavo a stringere quel Cicciobello esotico. G. si era avvicinato a sua madre, le aveva detto qualcosa all'orecchio. Lei aveva annuito. A quel punto mi avevano detto che voleva regalarmi il bambolotto. 
Forse aveva intuito che ero una bambina sola in mezzo a una bufera e aveva pensato che quel morbido pezzo di plastica mi avrebbe ancorata e impedito di volare via, ma nemmeno mia madre, nel suo formalismo, aveva avuto il coraggio di togliermelo dalle mani. Come se quel gesto di compassione nei miei confronti non avesse dato nemmeno a lei la possibilita' di trincerarsi dietro la ritrosia della buona educazione.
Credo che fosse una persona nobile d'animo, cosi' mi si e' attaccato addosso da allora per un dono inadatto alla sensibilita' di un bambino maschio di sette o otto anni.
La prima cosa che viene in mente e' che si sia ammazzato per sfuggire alla perfezione della sua esistenza. Per non essere piu' il primo della classe compagno buono, generoso e simpatico che era stato per il mio scapestrato cugino. 
Che si sia ucciso schiacciato da quella gabbia di idealita' rarefatta che si era costruito intorno. Forse quella morte slabbrata e' stata una beffa del suo destino, o forse l'unica liberta' che si e' concesso. 
In realta' sapere perche' l'ha fatto non serve a nulla. E' una domanda che puo' solo straziare, come straziera', ineluttabilmente e ingiustamente,i suoi familiari.
A me resta solo un grande vuoto in fondo allo stomaco, il ricordo di un Cicciobello e il senso, disperato, di quanto grande possa essere il dolore quando nemmeno riesce a diventare parola, grido, rabbia, pazzia. Quando il muro dell'ipocrisia e' cosi' alto che non si puo' rompere, nemmeno per salvarsi la vita.
Si puo' solo saltare, con l'infinita, ingenua e magnanima pieta' di negare fino all'ultimo agli altri, alla propria madre, il proprio star male.
L'ultimo regalo di G. a sua mamma sono state due ore di serenita' prima della notizia. Forse vorrebbe che lei lo immaginasse in viaggio verso una meta esotica, una meritata vacanza per il figlio adorato, ancora intatto e sorridente.
Io provo a vederlo cosi', stasera. Soffocando la ribellione istintiva per un gesto che non lascia ritorno, la rabbia verso chi non ha voluto o potuto provarci ancora.
Spero che mia mamma riesca a dormire, questa notte, che non pensi quello che mi ha detto per telefono, affacciata su un baratro di orrore, che i figli non si conoscono mai fino in fondo.
Tu, mamma, la tua la conosci, stai tranquilla, il suo dolore e' abbastanza superficiale da diventare facilmente un pianto. Un pianto che si puo' consolare, come quello che spero si concedera' presto la tua amica e la sua famiglia spezzata. 
 

mercoledì 3 agosto 2011

Biocompleanno

Vabbe', avro' pure compiuto trentatre anni e se non mi stesse per cambiare la vita di nuovo avrei considerato seriamente il suicidio, ma stasera ho avuto il mio bellissimo biocompleanno e sono cosi' felice che lo devo scrivere.
Il mio povero coniuge onnivoro aveva deciso di trovarmi un ristorante vegano per festeggiare.
Ha cercato sul web, cosa del tutto ragionevole, e anche sul suo eccezionale telefonino superaccessoriato che fa anche il caffe'. Il risultato e' stata una biogastronomia con un paio di tavolini all'aperto, un ragazzo che ravanava al computer su un banco frigo con dentro tre vaschette d plastica e non un cliente ne' oggi, ne' ieri, ne' mai.
Il dramma e' che non sembrava nemmeno uno di quei posti che riciclano denaro sporco, semplicemente un'idea imprenditoriale non riuscita. Peccato, il tipo aveva l'aria simpatica, ma non ce la siamo sentiti di entrare e siamo diventati il milionesimo non cliente.
Un po' abbacchiati e alla ricerca di un consiglio ci siamo avviati verso un supermercato dei gas, un posto molto fico di cui non do il nome solo perche' cerco di evitare la pubblicita' qui sopra (comincia per bottega e finisce per gas). E' una cooperativa che offre servizi logistici ai gruppi di acquisto della città (frigoriferi, magazzino ecc...). In più c'è un caffè, un negozio a filiera corta, una libreria, uno spazio per gli incontri eccetera. Soprattutto, c'è un bel po' di gente con un bello sguardo.
Eravamo ragionevolmente certi che non potessero darci la cena, ma in compenso ci hanno offerto una meravigliosa sangria nel cocomero, uno spuntino a base di pomodorini e zucchine (salame per il coniuge, e' un posto bio e a filiera corta, ma i maiali non lo sanno) e una perfetta dritta per la cena.
Prima lezione: tripadvisor, google, tutte le diavolerie del marketing culinario non valgono un buon consiglio erogato insieme a un bicchiere di vino. Non ce n'e': quelli a distanza sono strumenti preziosi, ma questo mondo qui, quello del consumo responsabile, della risposta anticapitalistica dentro il capitalismo, dell'autorganizzazione e delle scelte non e' fatto solo di quello.
E' sorrisi, e' una parola, e' comunita', e' fiducia. La rete fa il sul mestiere, mette in contatto le persone, poi da quel contatto nasce la rete. Altrimenti non funziona.
Detto questo, siamo finiti in questo bioristorante. In realta' e' un bionegozio con tavoli, su tutte le pareti ci sono scaffalature piene di prodotti invitanti.
Solo alcune immagini, come sempre.
Lo conduce un ragazzo con una uniforme da chef a righe. L'avete mai visto "one man band" di pixar? Se no fatelo subito, e' un cortometraggio e lo trovate su youtube. Il ristoratore e' un mix fra i due cantanti, un cartone animato semovente, capace di conquistare me (ma era facile) e il coniuge (che era piu' difficile).
E' capace di guardare una persona e dirgli cosa vuole mangiare. Ironico senza prendere in giro, privo di quella serietà un po' ridicola che hanno - purtroppo - alcuni esponenti del mondo bio, almeno nella mia città. Sa ascoltare e includere anche chi non arriva già convinto, in quel suo posto locale bello perche' non patinato, normale, uno spazio che un giorno si e' stufato di affittare vuoto, che ha trasformato in una vita e in un mestiere.
Il cameriere indiano è arrivato in Italia, penso, ieri l'altro. Un sorriso a cinquanta denti, molti piu' delle parole che conosce della nostra lingua. Passa frequentemente all'inglese, anche quello basico. Compensa con una gentilezza e un'attenzione da caposala di un megaristorante di New York.
Mi sono sentita preziosa.
Ancora di piu' quando sulla torta veg alla carota tiepida si e' materializzata una candelina, per mano del musicista della pixar prestato ai fornelli.
Che e' poi corso al pianoforte che c'era in un angolo perche' evidentemente la somiglianza non era casuale e mi ha suonato happy birthday. Al che si e' alzata un'altra ragazza, perche' era anche il suo compleanno. Alla fine della serata i nati il tre d'agosto presenti all'appello erano quattro. Non male per dieci tavoli.
Seconda lezione: basta lasciarsi portare e aprire il cervello al buonumore e gnomi, fate e cartoni animati verranno a festeggiare il tuo compleanno.
L'ultima per stasera: la liberta' di questo intermezzo fra due vite e' impagabile, era tanto che non pensavo e che non mi godevo l'esistenza cosi'. Occorrera' mantenerlo, questo spirito leggero.
Non so se ne saro' capace, ma stasera, con sulle spalle tutti i miei anni da vegliarda, voglio pensare di si'.

Compleanno

Oggi è il mio compleanno.
Mi sento decrepita, Gesù Cristo alla mia età ha pure fatto una brutta fine.
Da oggi mi si impone datazione con il carbonio 14.
Farò finta che il 3 agosto non esista, per non finire come Marta Marzotto.
Unico lato positivo della vicenda: ogni anno che passa mi sembra di aver fatto un casino di cose.
L'anno scorso al mio compleanno avevo appena messo in piedi la nuova casa, era arrivata la gatta piccola e andavo e venivo come una pazza da New York perchè avevo vinto un pezzo nuovo del mio lavoro.
Quest'anno parto per la Cina con un autunno di fuoco che mi attende. Dovrò trovare una nuova mini - casa di appoggio, imparare a parlare al telefono con mio marito (cosa in cui siamo negati), conoscere nuove persone, tenere i semenzai dei pomodori e peperoni in due posti diversi...
Dovrò passare dall'illusione di dare energia al mondo a quella di dare da mangiare al mondo attraverso il lavoro di un'azienda. Mica facile, quest'ultima cosa.
Insomma, il bilancio annuale è sempre il solito: da un lato la vita mi vola via, dall'altro la vivo con coscienza e intensità.
Non mi lamento e attendo il nuovo ristorante veg in cui spero mi porti mio marito questa sera.

martedì 2 agosto 2011

Qualunquismi sociologici (in partenza per la PRC)

Lunedì prossimo, quindi, si parte per la Cina.
Non so cosa aspettarmi, ho un umore a mezza via fra contenta e perplessa.
Sono contenta perché viaggiare è sempre una delle ragioni più sensate per stare al mondo e, soprattutto, una delle poche motivazioni valide per lavorare e percepire uno stipendio (al di là della mera sussistenza, ovviamente, che comunque si può ottenere con molta ma molta meno dedizione e spreco di energie).
Sono curiosa di vedere questo Paese che è Asia, ma un'Asia molto meno gioiosa e profonda e risolta di quella che conosco. Tendo a fidarmi di Terzani e mi ha sempre impressionata la sua descrizione del materialismo del popolo Han, così radicalmente in contrasto con la spiritualità laboriosa e la tendenza al trascendente dei miei amici Birmani e con la rassegnazione alla fatica e al dolore che diventa entusiasmo per la vita di quelli Indiani.
Mi dicono che gli Han sono terribilmente maleducati per gli standard occidentali. Oppure, semplicemente, quella che è la cortesia occidentale non interessa loro. Che senso ha la gentilezza formale se l'individuo non ha tanto peso nella società? Cosa importa lo straniero, l'ospite, se ciò che conta è la famiglia, il nucleo?
Penso che questo aspetto mi colpirà e mi farà male.
Una delle cose più preziose dell'Asia che ho conosciuto è l'enorme senso di protezione. Essere in mezzo a culture così differenti e sentire che sei al sicuro, perchè tu, nella tua inutilità e piccolezza, sei l'ospite di un Thailandese, di un Birmano, di un Indiano e la tua sicurezza, il tuo benessere, la tua felicità contano.
Mi darà meno fastidio il rapporto buffo con il tempo. Ho letto di diversi viaggiatori turbati dall'assenza del concetto di conservazione del patrimonio culturale e dell'eredità del passato. I Cinesi sembra che non accettino le rovine, che a noi italiani sono così care. Pare che ricostruiscano. Dov'è impossibile, spianano e rifanno daccapo. I guerrieri di terracotta stessi non sono mica veri, sono rifatti negli anni settanta. Impossibile capire, a quanto pare, l'età di un monumento.
Questo aspetto è sicuramente strano, ma l'ho già conosciuto. Per un Asiatico la domanda: "A che epoca risale questo oggetto?" non ha tanto senso. Probabilmente l'origine risale alla notte dei tempi, ma poi è stato aggiustato, abbellito, ricostruito, rimontato...niente UNESCO, niente "heritage", siamo asiatici.
L'aspetto che mi inquieta e mi inquieterà sicuramente della Cina è la corsa verso un futuro magnifico e progressivo, a prescindere dagli impatti sull'ambiente e sulle generazioni future. Spero si tratti di uno stereotipo, di una deformazione dell'informazione occidentale. Spero che in realtà ci sia attenzione, che lo sviluppo sia più sostenibile di quanto si legge.
Sarà il particolare momento che vivo, questa diffidenza nei confronti della crescita a tutti i costi, sarà la frugalità della crisi dell'occidente, sarà che il ripensamento degli stili di consumi mi sembra la grande rivoluzione, insieme all'Internet, dell'epoca che vivo.
Curiosità e diffidenza sono i sentimenti più forti che provo per un Paese che sembra essere in un'altra fase storica rispetto a quella europea e alla mia, che crede nel boom della produzione e dei beni perché ci deve credere, perché ne va dello sfamare un mondo di persone.
Mi turba un Paese che non può chiedersi come lo sta sfamando.
Le megacities non fanno per me e sto per vederne due, Pechino e Shangai.
Credo nei paesoni globali, in questo momento, luoghi di snodo da cui si può partire per il resto del mondo, ma che sono anche capaci di creare comunità.
Per tutte queste ragioni il viaggio in Cina si preannuncia interessante, aggettivo che suggerisce mio marito per caratterizzare l'esperienza, molto faticoso, foriero di pensieri macrosociali e molto azzeccato, per contrasto, all'anno appena trascorso.
Intanto lavoro poco e preparo casa per la partenza.
Domenica ho insegnato alla signora del quarto piano come innaffiare le piante del cortile.
Curioso, fare un tutorial di innaffiatura a una vecchietta. Come ha fatto a vivere quasi ottant'anni senza avere mai incrociato nemmeno per caso l'informazione che si bagnano le piante la sera? Oppure che è meglio non bagnare le foglie, ma solo la terra? Oggi, comunque, concimerò un po' tutto e preparerò il verde condiviso alle tre settimane senza di me.
Nei prossimi giorni mi occuperò anche della terra del mio giardino, che per l'innaffiatura ormai è a posto, ma richiede un po' di nutrimento prima di partire.
Taglierò i fiori, come ho letto da qualche parte, per assicurarmi di trovarne di nuovi al ritorno. L'anno scorso in soli sei giorni di assenza una grandinata epocale bucò tutte le piante a foglia, ma contro questa evenienza non posso fare nulla, solo sperare di non saperlo per non rovinarmi l'umore mentre sono dall'altra parte del mondo.
Idem per i gatti. Sarà un test di libertà estrema, per cui posso solo incrociare le dita e confidare nelle loro proverbiali sette vite e nel loro amore per la casa e per me.
Non posso chiuderli fra quattro mura per tre settimane, impazzirebbero. Non posso chiedere alla mia vicina di essere me e di cercarli sui tetti quando tardano a tornare, è già molto gentile perchè viene a nutrirli.
Non so come farà la piccola, senza il mio fianco a cui appoggiarsi pesante la mattina, facendo milioni di fusa. Ne' come farà il grande, quando tornerà a vedere se in casa va tutto bene e per l'ennesima volta non troverà nessuno.
Soprattutto non so come farò io, sapendoli in quello che percepisco come un costante pericolo.
E' il pericolo della libertà, il maggior regalo che ho fatto loro da quando sto nella casa con il giardino e li ho tolti dalla vita di gatti di appartamento.
La maggiore preoccupazione per me, che capisco così quanto costa l'amore.