venerdì 29 aprile 2011

Royal Wedding

Oggi ufficio che risuonava di musiche sacre in mondovisione, perche' si sono sposati William e Kate.
I fiori del mio royal wedding sono stati i garofani. Durevoli anche recisi nel gran caldo di luglio e politici, come tutto quel giorno.
Fiori laici, che mia nonna portava rossi al cimitero appena morto mio nonno. Fiori popolari e non di moda.
Fiori che ho visto sfilare nei cortei, fiori che non ho fatto in tempo a votare.
Fiori antichi e discreti, nella loro rotondita' seghettata e nel profumo cosi' sottile che si sente solo da vicino.
Quest'anno ho fatto un vasetto di garofani in giardino.
Tre piantine modeste, comprate su una bancarella e coltivate in un vivaio di ragazzi disabili. Le ho da un mese, in tre toni di un rosa freddo, con dentro piu' azzurro che giallo, il colore che piace a me.
Fanno un fiore dietro l'altro, senza crescere in altezza.
Stanno al sole, protetti appena dall'oleandro piu' grande. A fianco c'e' una lavanda di due colori, viola e rosa, in un bel vaso di coccio ereditato da chissa' quale cantina.
Questo forse e' l'unico filo conduttore del giardino, che per il resto cresce e si mescola cosi' come viene. E' pieno di piante storiche e orgogliose, quelle coltivate da sempre a fianco degli orti, fuori dalle case di campagna.
Niente bambu', niente agapanti, niente orchidee ne' ortensie verdine, niente aceri rossi e tristi in vaso (ho scritto viso). Rose, oleandri, begonie di quelle piccole. Mi mancano i gerani, ma solo perche' c'e' una maledetta farfallina che me li mangia da dentro. Un'ortensia c'e', ma e' rosa e azzurra a seconda del ferro che le do, come da sempre si sono coltivate.
Poi la camelia, che domani trapiantero' perche' ha finito la sua miracolosa fioritura, un regalo durato un mese e mezzo.
Unica concessione ai giadini dei fighetti tre ulivi, che infatti non c'entrano nulla. Pero' ho una giustificazione.
Il primo era forse un bonsai. Me l'hanno regalato al matrimonio. Mi faceva tristezza in quel vaso minuscolo, quindi l'ho messo in un vasone normale, dove e' cresciuto un po' storto, ma felice.
Il secondo l'ho salvato dall'esselunga, dov'era in offerta e mi sa che sarebbe finito male. E' lungo lungo e magro magro come un adolescente in crescita, ma adesso e' tutto fiorito e fa molta tenerezza, legato al suo bambu' per non piegarsi al vento.
L'ultimo e' arrivato da poco, insieme a un limone in pessime condizioni. Stavano in una casa che era stata venduta, li avevano lasciati li' e sono stati al buio un anno intero. Adesso sono nell'angolo casa di cura, al sole con flebo di concime e mi pare di cogliere i primi segni della ripresa.
Anche loro tre hanno la faccia popolare delle piante che un architetto di terrazzi non sceglierebbe mai e che una vera giardiniera aristocratica guarderebbe arricciando il nasino all'insu'.
Ma nel mio giardino non corrono il rischio di incontrare ne' uno ne' l'altro.

giovedì 28 aprile 2011

Fiori di zucca

Le mie zucchine mi piacciono molto, ma mi spaventano anche un po'. Le avete viste, ancora relativamente gestibili, nella foto che c'e' sul blog.
Ora non lo sono piu'. Gestibili, intendo. Sono cresciute in un modo difficile da credere. Le piante sono tre. Ne ho comperate sei, quando erano piccine. All'esselunga, in un giorno particolarmente triste. Quando ho scoperto che non avrei avuto un bambino e nemmeno un documento su cui lavoravo da mesi fatto come lo volevo io.
Poi tre le ho regalate a mio suocero, perche' davano gia' segno di ipertrofia in modo preoccupante e lui ha l'orto in piena terra, quindi poteva garantire un alloggio adeguato alle tre profughe.
Le altre tre le ho messe in due vasi e una cassetta. Non grandissimi, devo dire. Ma nemmeno piccoli. Beh, le due dei vasi vanno ancora bene. Uno sviluppo notevole, i gelsomini che alloggiano dietro le piante sono un po' perplessi, ma abbastanza contenuto.
La zucchina nella cassetta e' semplicemente immensa. E' praticamente un baobab travestito da zucchina. Non so esattamente come gestirla, prima di fare frutti che potremo mangiare penso cbe lei mangera' noi.
Temo per la mia gatta (la minore dei due fratelli quadrupedi) perche' e' un animale di dimensione ridotte, praticamente nano, e penso che se le zucchine scopriranno una vocazione carnivora lei sara' la prima vittima.
Il lato positivo della zucchina gigante sono i fiori. Ha due gigantesche infiorescenze, ancora chiuse ma gia' di un bel giallo solare. Calcolando che il tempo e' piuttosto grigio e' una consolazione.
So gia' che fra pochi giorni avro' un dubbio amletico: friggere i fiori oggi o mangiare le zucchine domani?
Io in realta' non ho nessun dubbio. Non riesco nemmeno a tagliare una rosa per metterla in casa, figurarsi mettere un fiore di zucca giallo come il sole in una padella. Mio marito pero' ha una visione meno animista di me della vita. Se non lo tenessi sotto controllo ho il sospetto che mangerebbe persino vitelli, conigli, uccellini e agnelli. So per certo che ha mangiato persino i cavalli.
Per chi non lo avesse capito, io non mangio animali con un sistema nervoso centrale. Questo esclude cozze e vongole. Saltuariamente sacrifico qualche pesce perche' a forza di mangiare solo pasta, patate e legumi rischio di diventare una palla.
Comunque, so che avremo una solenne discussione sull'opportunita' di friggere un fiore di zucca insieme alle grandi foglie della salvia e non so se resistero'.
La vita e' cosi'. Tocca sempre fare delle scelte.
Questa tutto sommato e' facile, perche' si sa quali sono le conseguenze. Se mangi un fiore oggi non avrai una zucchina domani. Con le altre non e' cosi', bisogna farle un po' alla cieca.
Il rischio non fa parte del mio modo di concepire la vita. Sono una persona coscienziosa, di quelle che valutano tutte le opzioni piu' volte e poi decidono. La maga delle win win solutions, quelle che soddisfano tutti. Non importa se implicano fare il triplo della fatica. Faccio i passi giusti e le scelte giuste, per tutti. Fino ad oggi questo modo di fare mi ha portato molti risultati, ma anche un infinito senso di fregatura, di fatica sprecata.
Questa volta forse potrei rischiare.
Tanto da una zucchina gigante mi aspetto che faccia tanti frutti da sfamare tutto il condominio.
O forse no?

mercoledì 27 aprile 2011

Rose all'alba

Stamattina all'alba le rose ondeggiavano nell'aria come palloncini colorati. Sono tante, sono precoci. Mi è venuto in mente che forse vogliono staccarsi dai rami e volare via. Un po' il contrario di me, che in questo momento vorrei "fare il buco", come dice mio marito.
Come un bulbo, stare là sotto e aspettare che la terra si scaldi, che il mondo diventi amichevole, per mettere fuori le antenne e sbucare.
Invece sto al vento come le mie rose.
Devo parlare del mio futuro, essere lucida e all'erta perchè è uno di quei momenti che sai ti ricorderai come passaggi fondamentali del percorso. Essere debole, andare dalla parte sbagliata non si può. Bisogna ascoltare i consigli e poi fare quello che si sente giusto. Bisogna essere formalmente ineccepibile, io che non sono capace perchè sono emotiva.
E' come per i pomodori.
Si leggono i libri che dicono di tagliare i getti ascellari (che già non è stato scontato individuare, nelle mie piante ipertrofiche, ma credo di aver capito quali sono).
Si ascolta il suocero che dice di lasciarli all'asciutto mentre fioriscono, perchè se si innaffiano troppo i fiori non legano e poi non producono.
Si cerca di fare le cose come si devono, ascoltando anche le piante, che dicono la loro e a volte non la pensano come i libri o come mio suocero.
Solo l'estate dirà se verranno i frutti.

martedì 26 aprile 2011

Ninetta mia crepare di maggio

"Ninetta mia crepare di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio..."
Questo pensavo venendo in ufficio, questa mattina. La luce è troppo trasparente per stare al chiuso, oggi.
Di fondo questo è il mio problema principale. Appena gli alberi diventano verdi e l'aria tiepida faccio una fatica tremenda a stare sotto a un tetto. Se potessi lavorare dal cortile sarei molto più ispirata.
O forse no, farebbe troppo google, troppo azienda - fintamente - amica - dei - lavoratori e in fondo sarebbe una presa in giro ancora maggiore.
Comunque.
Ieri stavo facendo l'inventario di quello che ho trovato in giardino quando l'ho comprato.
A proposito, sto aspettando da un momento all'altro che si apra il primo fiore del finto gelsomino e forse anche di quello vero ed è sempre un bellissimo momento. C'è tutta l'attesa di un big bang, perchè appena la prima corolla bianca si schiude e dà il via tutte le altre fanno la corsa a chi profuma di più e in un momento dove c'era il verde c'è solo bianco e questo odore che ti entra dentro e resta lì a renderti felice.
I gelsomini - veri e finti - c'erano già. Una quindicina di piante. Avevano le foglie color ferro e solo in alto, verso il cielo, qualche germoglio nuovo. In mezzo, pareti di rami aggrovigliati e un odore ottuso di finestre mai aperte.
La prima cosa è stata tagliare. Abbiamo disboscato come se avessimo dovuto attraversare la foresta amazzonica, i forbicioni telescopici usati come un machete. Abbiamo trovato di tutto, in mezzo ai rami contorti. Essenzialmente nidi preistorici e mollette del bucato precipitate da chissà dove, ma anche sacchetti di plastica, giocattoli, animali morti. Ho sentito davvero la rabbia di quelli che raccolgono i cormorani sporchi di petrolio sulle spiagge, l'idea che i precedenti proprietari di quelle povere piante avessero potuto lasciarle in quello stato mi faceva stare male fisicamente.
L'hanno fatto al finto gelsomino, capite? Una pianta buonissima, adattabile, che sopporta tutto e continua ad arrampicarsi cercando la luce usando come rampini questi rametti nuovi a forma di coda di maiale. Una pianta che fa simpatia per forza. Loro l'avevano trattata così ed erano pure convinti di tenerci, al verde. La signora si era persino raccomandata: "Mi raccomando i gelsomini, mio marito ci tiene tanto".
Comunque man mano che potavamo - senza paura, come il chirurgo con l'espressione seria dell'estrema cura, quella che o uccide o risana - si vedeva che i gelsomini riprendevano a respirare, si rilassavano dopo anni di scalate ed equilibri precari.
Li abbiamo rinvasati tutti. Abbiamo tagliato e ridotto le radici incollate alle cassette di legno marcito. Abbiamo messo terra nuova, fertilizzante, chelato di ferro. Abbiamo legato con i laccetti morbidi i rami ai graticci.
Loro hanno ringraziato, come fanno sempre le piante in questi casi, ricoprendosi di foglie fresche e chiare e con la prima, stupenda fioritura, che ci ha riempito il naso e l'anima per tutto l'inizio dell'estate.
Non so come spiegarvelo, ma dopo quel week end sporco e rabbioso, seduta sul pavimento tiepido a guardare la luce scendere, io li ho visti sorridere.

lunedì 25 aprile 2011

Com'e' nato tutto

Allora, com'e' cominciato il giardino?
Con un po' di rabbia e nessuna immagine in mente. Senza un progetto, come direbbe mio marito. Perche' a me i progetti non piacciono tanto, tu li fai poi quando sono finiti e te li trovi davanti cosa fai? Cancelli tutto e ricominci da capo? Progettare un giardino e' irrispettoso per le piante che lo abiteranno, perche' mica lo fai tu, lo fanno le piante. E il verbo progettare si applica bene a tavoli, sedie e soprammobili, mica a qualcosa che cresce, gira col sole, si avvita su se stesso in inverno.
Comunque. Ho ereditato il terrazzo con la casa. O meglio, ho scelto la casa per il terrazzo e ho deciso subito che aveva le carte in regola per diventare un giardino. E' al primo piano, con i muri attorno e da' sul niente, nel senso che intorno ci sono solo vecchie case e relitti di industrie che nessuno ha trasformato in loft. Mi ha ricordato da subito il giardino segreto che leggevo da bambina, per via dei muri e dell'abbandono.
Il primo ricordo e' il calore del pavimento di cotto - era maggio - e la rabbia per le piante dei precedenti proprietari.
Avevano comprato tantissime piante, messe in pretenziose cassette di legno. Non le hanno mai potate, non si sono mai preoccupati di farle crescere per bene. Le hanno trattate come cose e loro, con il buon senso che le contraddistingue, hanno aspettato pazienti, crescendo come potevano, crescendo nonostante quelle cassette troppo piccole che marcivano e si spezzavano piano. Certo che, nel frattempo, si sono molto arrabbiate, nel loro modo silenzioso. Le rose hanno smesso di fare le rose, i gelsomini si sono aggrovigliati come rovi, i glicini sono diventati pallidi di nervoso.
Il primo ricordo che ho del giardino e' questo. Stare seduta a terra in una tiepida primavera, circondata di piante incazzate.

25 aprile, festa della liberazione. La mia?

Quando avevo cinque anni a tutti quelli che me lo chiedevano rispondevo che volevo fare la fioraia.

Che volevo vivere a Piumazzo di Castelfranco, meno di 1.000 abitanti all'epoca, perchè la Via Emilia che faceva da sfondo al Paese mi dava tanta sicurezza. Volevo molti cani e molti gatti, forse un laghetto con i pesci.

Poi ho fatto il liceo classico, qualcuno mi ha convinta che dovevo imparare a pensare. Peccato che stessi bene solo quando non pensavo a niente.
Mi è cominciato a interessare questo fatto di essere carina socievole simpatica, avere amici - pochi - ma - buoni. Essere intellettuale senza essere noiosa, queste cose qui.
Per un po' ho pensato più alle persone che a cani gatti e pesci, con il risultato di essere una ragazza amabile con l'animo di un mastino napoletano e un folle desiderio di attaccare il prossimo alla giugulare.
In piena fase obnubilata mi sono iscritta a Scienze della Comunicazione, ho cercato e trovato un lavoro.

Ho 32 anni. Fidanzata poi felicemente sposata con persino l'orologio biologico che ticchetta e fa fare pipì al mattino sopra gli stick d'ovulazione.
Vivo in una grande città cattoleghista.
Faccio la managerina in una mega azienda petrolifera e lavoro un sacco di ore al giorno.

Ho fatto tutto così bene che è tutto sbagliato.
Perchè io voglio coltivare peperoni.

Oggi è il 25 aprile, come ormai mi capita da troppo tempo mi sono svegliata male. Sarà però che stanotte ho dormito senza sognare, sarà un po' di coraggio dei Partigiani...
Come in tutte le situazioni sbagliate, che assomigliano alle montagne della Resistenza sull'Appennino,se guardi bene ci sono delle piccole fenditure nella roccia in cui puoi infilare i piedi per cominciare a salire.

I miei appigli sono una casa che più che una casa è un terrazzo con un po' di appartamento attaccato.
Due gatti che mi capiscono.
Un marito che ci prova.
Quattro piante di pomodori, tre di zucchine, quattro di fragole, un limone.
Svariati fiori.

E un peperone, appunto.
Un peperone che non sarà la fine del petrolio, ma un poco sì.

Vado a coltivarlo. Se volete seguirmi, buona festa della liberazione a tutti.