venerdì 7 ottobre 2011

Dedico una mattina a Steve Jobs

Peccato che non sia una "early morning person". Stamattina mi sono alzata prestissimo per accompagnare A. in stazione. E' venuto a trovarmi nella città bassotto (giuro che vi spiego presto cosa vuol dire) e stamattina tornava a Casa. Casa con la maiuscola, uniformemente quella nostra e dei gatti e la città che non ho mai sentito bella e mia e perfetta come ora che sono qui.
Pian piano è venuto giorno sulle edicole illuminate e sui bar già aperti. Ora soffia un vento che dicono porterà un freddo che per fortuna non vuole venire. Voglio pensare che resti estate per me, per addolcire queste prime settimane lontane.
Ho ascoltato il discorso di Steve Jobs, il celebre Stay hungry, Stay foolish di Stanford, ho pianto un pochino per quest'uomo che non è mai stato il mio guru ma che dice una cosa che io sento nello stomaco da sempre: la vicinanza costante della morte, l'impossibilità di rimuoverne il pensiero e la conseguente necessità di essere vivi ogni giorno in modo speciale, di stare accesi, di amare molto e di fare solo ed esclusivamente quello che fa sentire in pace.
Il profondo egoismo che viene dal non essere capaci di pensarsi sempre alla prima settimana di una vacanza di due è forse la caratteristica più costante del mio carattere mutevole.
Da questa vengono i pomodori, il silenzio interiore che mi danno, l'effimera idea di eternità che è la stessa di questa mattina in cui il sole sale piano.
In cui guardo la foto sulla scrivania, vedo mio marito e me in un viaggio di nozze lontano, più giovani ma non più leggeri, e penso che non vale la pena nient'altro che accompagnarci reciprocamente in stazione essendo capaci di restare molto vicini.

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