martedì 26 aprile 2011

Ninetta mia crepare di maggio

"Ninetta mia crepare di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio..."
Questo pensavo venendo in ufficio, questa mattina. La luce è troppo trasparente per stare al chiuso, oggi.
Di fondo questo è il mio problema principale. Appena gli alberi diventano verdi e l'aria tiepida faccio una fatica tremenda a stare sotto a un tetto. Se potessi lavorare dal cortile sarei molto più ispirata.
O forse no, farebbe troppo google, troppo azienda - fintamente - amica - dei - lavoratori e in fondo sarebbe una presa in giro ancora maggiore.
Comunque.
Ieri stavo facendo l'inventario di quello che ho trovato in giardino quando l'ho comprato.
A proposito, sto aspettando da un momento all'altro che si apra il primo fiore del finto gelsomino e forse anche di quello vero ed è sempre un bellissimo momento. C'è tutta l'attesa di un big bang, perchè appena la prima corolla bianca si schiude e dà il via tutte le altre fanno la corsa a chi profuma di più e in un momento dove c'era il verde c'è solo bianco e questo odore che ti entra dentro e resta lì a renderti felice.
I gelsomini - veri e finti - c'erano già. Una quindicina di piante. Avevano le foglie color ferro e solo in alto, verso il cielo, qualche germoglio nuovo. In mezzo, pareti di rami aggrovigliati e un odore ottuso di finestre mai aperte.
La prima cosa è stata tagliare. Abbiamo disboscato come se avessimo dovuto attraversare la foresta amazzonica, i forbicioni telescopici usati come un machete. Abbiamo trovato di tutto, in mezzo ai rami contorti. Essenzialmente nidi preistorici e mollette del bucato precipitate da chissà dove, ma anche sacchetti di plastica, giocattoli, animali morti. Ho sentito davvero la rabbia di quelli che raccolgono i cormorani sporchi di petrolio sulle spiagge, l'idea che i precedenti proprietari di quelle povere piante avessero potuto lasciarle in quello stato mi faceva stare male fisicamente.
L'hanno fatto al finto gelsomino, capite? Una pianta buonissima, adattabile, che sopporta tutto e continua ad arrampicarsi cercando la luce usando come rampini questi rametti nuovi a forma di coda di maiale. Una pianta che fa simpatia per forza. Loro l'avevano trattata così ed erano pure convinti di tenerci, al verde. La signora si era persino raccomandata: "Mi raccomando i gelsomini, mio marito ci tiene tanto".
Comunque man mano che potavamo - senza paura, come il chirurgo con l'espressione seria dell'estrema cura, quella che o uccide o risana - si vedeva che i gelsomini riprendevano a respirare, si rilassavano dopo anni di scalate ed equilibri precari.
Li abbiamo rinvasati tutti. Abbiamo tagliato e ridotto le radici incollate alle cassette di legno marcito. Abbiamo messo terra nuova, fertilizzante, chelato di ferro. Abbiamo legato con i laccetti morbidi i rami ai graticci.
Loro hanno ringraziato, come fanno sempre le piante in questi casi, ricoprendosi di foglie fresche e chiare e con la prima, stupenda fioritura, che ci ha riempito il naso e l'anima per tutto l'inizio dell'estate.
Non so come spiegarvelo, ma dopo quel week end sporco e rabbioso, seduta sul pavimento tiepido a guardare la luce scendere, io li ho visti sorridere.

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