sabato 25 giugno 2011

Notte in citta'

Case che non dormono, clima di citta'. 
Grida sgraziate dal terzo piano, dove poverta' e ignoranza combattono per calpestare dignita'. 
Malattie nascoste al piano di sopra, sconfitte con una risata di giorno, paura che gela le ossa solo al buio, in un gemito sul soffitto.
Signore che scendono dal quarto piano per indagare il destino di un photus, con le ciabatte e la vestaglia a fiori, le chiavi che tintinnano in una mano, ottantatre anni e ancora cucire a macchina, per pagare la parrucchiera e sentirsi vivi.
Fighetti da loft che sputano sentenze e poi si vergognano quando passano nel cortile comune, cosi' inadatti alla socialita' semplice di un condominio da fare compassione.
Luci da tante finestre stanche, in alcune si fara' rumorosamente l'amore, perche' e' sabato. Sempre che il bambino si addormenti, che e' gia' mezzanotte ed e' ancora sveglio come un grillo.
Lotte feroci di gatti che si contendono un territorio infinito, perdita d'occhio di tetti e fabbriche che ancora traspirano, dopo vent'anni di inattivita', il sudore degli uomini. 
Palazzoni che crescono veloci, per appartamenti gia' tutti comprati. Case basse che si rattrappiscono nell'ombra, che hanno paura si morire.
Zanzare che si trattengono a fianco delle orecchie, annusano l'autan e se ne vanno. Lasciano una scia di rumore che e' tutta vita, mentre i lombrichi scavano grotte nei vasi che sembra quasi di sentirli. Un giorno, forse, ritorneranno le lucciole. 
Musica da un ristorante ecuadoregno o da una casa ecuadoregna, perche' ci sono poche regole chiare e una di queste e' che si lavora come schiavi tutta la settimana, ma al sabato sera si canta e si balla.
Modem e connessioni vecchio stile per un adolescente frustrato che cerca il porno sul web usando il computer della sua grassa madre, che cerca di dormire e gli dice spegni. Nemmeno le seghe davanti allo schermo ci si puo' fare, in una casa cosi' piccola. Per forza poi mi scrivono che sono una checca sulla saracinesca di fronte a casa. 
Con un padre che nemmeno lo accompagna a pulire quella scritta.
Cagnolini di migranti, emblema del pregiudizio. Ho pensato che il ragazzo dal sorriso candido che abita di fronte fosse un badante, che il barboncino fosse di un'anziana signora.
Non e' cosi', e' solo il suo cane. Mi ha fatto strano, come se un ragazzo del bangladesh non potesse avere un cane da compagnia. Come se quello fosse un accessorio che non si possono permettere quelli che devono costruirsi qui una vita, come se avessero diritto solo a conquistarsi l'essenziale. Che pensiero stupido, che una persona non possa volere un cane solo perche' non parla italiano. 
Rose che si aprono perfette, pomodori che maturano, lampade che illuminano pavimenti che si raffreddano. 
Una sirena che passa lontana. L'altra notte un ragazzo di vent'anni ha ammazzato due ragazzi di vent'anni, in questa citta'. Poi si e' fatto accompagnare dai suoi genitori alla caserma dei carabinieri. Ha detto che non sa perche' l'ha fatto ne' come l'ha fatto. Forse e' stato un brutto sogno, ci sveglieremo fra poco, deve avergli detto sua madre.
Luci soffuse e nessuna paura, niente di male puo' accadere in questo terrazzo che e' un nido fra le case, che tutti possono godere. 
Una civetta ripete il suo suono monotono e familiare, un rumore di campagna fra i molti che si sentono, se solo si sta a sentire lo strato sotto i televisori. 
Se tutti gli uomini sparissero, questa citta' sarebbe altrettanto viva. 
Se tutti gli uomini sapessero di essere uguali ai fiori, ai gatti, agli uccelli, questa citta' sarebbe in pace.

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