Allora, com'e' cominciato il giardino?
Con un po' di rabbia e nessuna immagine in mente. Senza un progetto, come direbbe mio marito. Perche' a me i progetti non piacciono tanto, tu li fai poi quando sono finiti e te li trovi davanti cosa fai? Cancelli tutto e ricominci da capo? Progettare un giardino e' irrispettoso per le piante che lo abiteranno, perche' mica lo fai tu, lo fanno le piante. E il verbo progettare si applica bene a tavoli, sedie e soprammobili, mica a qualcosa che cresce, gira col sole, si avvita su se stesso in inverno.
Comunque. Ho ereditato il terrazzo con la casa. O meglio, ho scelto la casa per il terrazzo e ho deciso subito che aveva le carte in regola per diventare un giardino. E' al primo piano, con i muri attorno e da' sul niente, nel senso che intorno ci sono solo vecchie case e relitti di industrie che nessuno ha trasformato in loft. Mi ha ricordato da subito il giardino segreto che leggevo da bambina, per via dei muri e dell'abbandono.
Il primo ricordo e' il calore del pavimento di cotto - era maggio - e la rabbia per le piante dei precedenti proprietari.
Avevano comprato tantissime piante, messe in pretenziose cassette di legno. Non le hanno mai potate, non si sono mai preoccupati di farle crescere per bene. Le hanno trattate come cose e loro, con il buon senso che le contraddistingue, hanno aspettato pazienti, crescendo come potevano, crescendo nonostante quelle cassette troppo piccole che marcivano e si spezzavano piano. Certo che, nel frattempo, si sono molto arrabbiate, nel loro modo silenzioso. Le rose hanno smesso di fare le rose, i gelsomini si sono aggrovigliati come rovi, i glicini sono diventati pallidi di nervoso.
Il primo ricordo che ho del giardino e' questo. Stare seduta a terra in una tiepida primavera, circondata di piante incazzate.
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