Oggi ufficio che risuonava di musiche sacre in mondovisione, perche' si sono sposati William e Kate.
I fiori del mio royal wedding sono stati i garofani. Durevoli anche recisi nel gran caldo di luglio e politici, come tutto quel giorno.
Fiori laici, che mia nonna portava rossi al cimitero appena morto mio nonno. Fiori popolari e non di moda.
Fiori che ho visto sfilare nei cortei, fiori che non ho fatto in tempo a votare.
Fiori antichi e discreti, nella loro rotondita' seghettata e nel profumo cosi' sottile che si sente solo da vicino.
Quest'anno ho fatto un vasetto di garofani in giardino.
Tre piantine modeste, comprate su una bancarella e coltivate in un vivaio di ragazzi disabili. Le ho da un mese, in tre toni di un rosa freddo, con dentro piu' azzurro che giallo, il colore che piace a me.
Fanno un fiore dietro l'altro, senza crescere in altezza.
Stanno al sole, protetti appena dall'oleandro piu' grande. A fianco c'e' una lavanda di due colori, viola e rosa, in un bel vaso di coccio ereditato da chissa' quale cantina.
Questo forse e' l'unico filo conduttore del giardino, che per il resto cresce e si mescola cosi' come viene. E' pieno di piante storiche e orgogliose, quelle coltivate da sempre a fianco degli orti, fuori dalle case di campagna.
Niente bambu', niente agapanti, niente orchidee ne' ortensie verdine, niente aceri rossi e tristi in vaso (ho scritto viso). Rose, oleandri, begonie di quelle piccole. Mi mancano i gerani, ma solo perche' c'e' una maledetta farfallina che me li mangia da dentro. Un'ortensia c'e', ma e' rosa e azzurra a seconda del ferro che le do, come da sempre si sono coltivate.
Poi la camelia, che domani trapiantero' perche' ha finito la sua miracolosa fioritura, un regalo durato un mese e mezzo.
Unica concessione ai giadini dei fighetti tre ulivi, che infatti non c'entrano nulla. Pero' ho una giustificazione.
Il primo era forse un bonsai. Me l'hanno regalato al matrimonio. Mi faceva tristezza in quel vaso minuscolo, quindi l'ho messo in un vasone normale, dove e' cresciuto un po' storto, ma felice.
Il secondo l'ho salvato dall'esselunga, dov'era in offerta e mi sa che sarebbe finito male. E' lungo lungo e magro magro come un adolescente in crescita, ma adesso e' tutto fiorito e fa molta tenerezza, legato al suo bambu' per non piegarsi al vento.
L'ultimo e' arrivato da poco, insieme a un limone in pessime condizioni. Stavano in una casa che era stata venduta, li avevano lasciati li' e sono stati al buio un anno intero. Adesso sono nell'angolo casa di cura, al sole con flebo di concime e mi pare di cogliere i primi segni della ripresa.
Anche loro tre hanno la faccia popolare delle piante che un architetto di terrazzi non sceglierebbe mai e che una vera giardiniera aristocratica guarderebbe arricciando il nasino all'insu'.
Ma nel mio giardino non corrono il rischio di incontrare ne' uno ne' l'altro.
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