mercoledì 11 maggio 2011

Ho fatto un incubo

Ho fatto un incubo. C'era la guerra e io e mio marito avevamo deciso che avremmo fatto un attentato al dittatore, lo avremmo ucciso e cosi' la guerra sarebbe finita e noi saremmo potuti scappare lontano ed essere felici.
Pianificavamo il blitz con grande cura, sapendo che ne andava della nostra vita e di quella di tante altre persone ma dovevamo farlo, era l'unica soluzione. 
In un attimo stavamo sparando a questa persona, che non ho visto che genere avesse, penso fosse un uomo perche' mi ero addormentata leggendo dell'omicidio di Rajid Gandhi. 
Colpivamo, lui cadeva. Ci giravamo per scappare, ma proprio in quel momento una guardia faceva partire un proiettile e mio marito piombava a terra, morto. Svegliata senza respiro, mi sono nascosta sotto il braccio del cadavere, che senza sapere di essere stato ucciso in sogno dormiva beato e si e' spostato per prendermi sotto l'ala. 
Non ci vuole Freud per interpretare le mie elucubrazioni notturne. Con le mani che sanno di menta appena raccolta, pero', sembra tutto gia' lontano. 
Dimenticavo: razionalita' 1 ipocondria 0. Anche questa volta non era quella volta. Quella noiosa di razionalita' dichiara che e' una vittoria di Pirro e che lei gia' lo sapeva. Io sono semplicemente felice di poter prendere in braccio i gatti e annusare il delirio di profumi che e' il giardino in questo momento senza un retropensiero angosciato. Finche' dura, me la godo.

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