martedì 17 maggio 2011

Un grande garden center chiamato citta'

Stasera meditavo sulla stupidita' dei venditori di piante. Non di tutti, ovviamente, di quelli che vendono fiori e arbusti come se fossero scarpe e lampadari.
La mia collega due settimane fa e' andata in un garden center della citta', di quelli belli grandi, con il marito. Occorre premettere che sia lei sia il marito sono sicuramente conoscitori di scarpe e lampadari - soprattutto se indegnamente costosi - ma non distinguono un geranio da un crisantemo. Cosa che in se' non e' mica una colpa. 
E' peggio, per dire, che la stessa collega e un altro convivente di ufficio, entrambi laureati, oggi fossero sinceramente convinti che la parola "cittadino" fosse invariabile e che l'unico significato di "cittadina" fosse "piccola citta'". L'ignoranza di base come male assoluto sta tornando per me un tema politico di attualita', ma questa e' un'altra storia e ne parliamo a parte. 
Dicevo, mica e' una colpa non conoscere le piante. Per questo ci sono i garden center, no? Posti dove dovrebbero lavorare se non appassionati, almeno esperti del tema. Gente che non si e' posta il problema di quale negozio aprire, se era meglio darsi alle scarpe o ai fiori. Voleva fare proprio quello. Nella mia logica allevare e vendere piante e' come fare il panettiere o l'edicolante da un lato, perche' esige abbastanza passione da alzarsi presto la mattina. E' come fare il medico o il veterinario dall'altro, perche' si gestiscono cose vive e, come tali, mortali, che occorre maneggiare con estrema cautela. 
Insomma, la mia collega e il marito vanno al garden center e dicono che vorrebbero riempire alcune balconnettes da ancorare ai davanzali. La mattina dopo tutta felice lei arriva in ufficio e mi dice che ora ha dei bellissimi fiori bianchi. Alcuni, profumatissimi, hanno grandi foglie molto lucide e verdi, gli altri sono piccoli e a stella, quasi come gelsomini (rincosperni). Il giorno successivo, con alla mano l'enciclopedia illustrata del giardinaggio, diamo un nome a quelle piante malcapitate. Il garden center le ha venduto gardenie e solenacee, da mettere nella stessa cassetta. 
Allora, io non sono una vera esperta di giardinaggio, sono una praticona. Faccio figura solo perche' la gente di media e' molto ignorante in materia. Ci sono pero' poche nozioni base su ognuna delle due tipologie di piante. Cose che sanno tutti. Le gardenie vogliono ombra, almeno nei climi caldi, poca acqua e sono sensibili al calcare dell'acqua di citta'. Le solenacee, lo dice anche il nome (anche se penso che in realta' sia un falso amico come nelle parole inglesi), sono piantine da sole, che all'ombra intristiscono. Vogliono poca acqua, e' vero, ma se ne fregano del calcare. Anzi, un po', a correggere il terreno, non lo disprezzano per niente. 
La coesistenza in una sola cassetta e' per lo meno improbabile. Se le solenacee prosperano piene di fiorellini per i raggi del pieno sole, le gardenie diventano tutte gialle e marroni. Viceversa, si avranno solenacee tristi tristi, fatte solo di foglie. Uno scherzo del destino vuole che l'esposizione della casa della mia collega - una sostanziale mezz'ombra irradiata pero' dal sole spietato del pomeriggio e non da quello dolce della mattina fa avvizzire entrambe le piante.
Allora, mi chiedo io: non si puo' ritirare la licenza al garden center? In primis per aver rovinato la vita a una pletora di povere piantine innocenti. In secondo luogo, per aver creato due poveri infelici che, d'ora in poi, si diranno negati per le piante e non ne compreranno mai piu'. Immaginate quanto sarebbero andati orgogliosi di davanzali ricoperti di surfinie e gerani rigogliosi. Pensate che avevano persi o predisposto l'impianto di irrigazione per quella coltivazione che, non per colpa loro, ha cosi' poche chances di avere successo.
La morale e' semplice e banale: per fare un mestiere non ci vuole solo l'opportunita' economica, ci vuole amore, dedizione e responsabilita'. 
Spero che ci pensino i miei concittadini che sceglieranno il direttore di un grande garden center che si chiama citta' fra due settimane. 

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