Oggi parliamo di bestiole.
La premessa necessaria e' di tipo meteorologico. Fa caldo, come deve fare a luglio, un caldo afoso cui fa da contraltare un cielo azzurro insolito in citta' anche in primavera. C'e' umido.
Non come in Cina, dove saro' fra meno di un mese (come faro' a scrivere da la'? Se me la vedro' brutta faro' un quaderno, come si faceva prima del pad, poi lo ricopiero' pian piano nelle sere autunnali). La' ci sono cinquanta gradi e il centocinquanta percento di umidita', ma insomma, anche qui e' piuttosto caldo.
Il giardino e' abbastanza felice. Innaffiature regolari fanno si' che un sano entusiasmo estivo pervada le piante, che crescono e rafforzano i tronchi, si slanciano alla scoperta del mondo - come gli incontenibili glicini - e mettono fuori grandi quantitativi di foglie nuove.
Il limone si e' praticamente raddoppiato, la camelia ha rami sembre piu' alti, che rompono un po' la forma aggraziata e orientale, gli ulivi sono palesemente a loro agio e quest'inverno si raccoglieranno le olive.
L'orto e' tutto un frutto: pomodori in quantita' industriale, peperoni pochi ma molto gialli, zucchine che continuano come sempre a fiorire e a fare piccoli frutti morbidi e buoni.
Tutto questo ameno paesaggio, pero', visto con altri occhi e' un'immensa mensa, dove una pletora di animali vive e si nutre. I nostri amici fra quindici giorni partono per il Kenya. Altro che i big five: il mio giardino e' una savana dall'infinita varieta', mandibole e proboscidi come se piovesse, lotte per la sopravvivenza strenue, equilibri estremamente precari che rischiano da un momento all'altro di far crollare tutto il sistema. Di notte, tutte quelle bestiole puoi sentirle masticare. Di mattina ti toccano potature fuori stagione per eliminare quel che resta di rami di rosa dove hanno banchettato truppe di bruchi. Afidi a generazione continua, piccolissimi, verdi e voraci. Pigre lumache, che fanno buchi enormi. Orribili farfalle da tronco, di quelle che fanno il buco negli steli e poi muore tutto all'improvviso.
Io capisco schiacciare e schiacciare, ma ormai qui si sta esagerando e ci vorrebbe un esercito di schiacciatori per far fuori tutta quest'orda riproduttiva.
Le coccinelle ce le ho, ma non bastano mica. Ci vorrebbe un tir di coccinelle per arginare i divoratori.
Spero in qualche pioggia che lavi via i fitofagi (anche se poi arrivano i funghi e siamo daccapo), medito sulla gioiosa battaglia che si combatte anche qui. Sempre meglio, anche se non meno cruenta, di altre a cui assisto ogni giorno.
Ieri sera lunghe chiacchierate sulla defezione. Lo so, il tema e' sempre quello e sta diventando noioso, ma sembra essere un argomento che appassiona tutti, persino un ex compagno di universita' che ha fatto il master publitalia, lavora nel digitale terrestre di mediaset, si e' accontentato a lungo della macchina grossa e dei vestiti da figo e oggi, all'improvviso, ha avuto chiaro di essere un ingranaggio della retorica vuota del nostro primo ministro.
Gli sembra di esserci finito per caso, da sonnambulo, pero' adesso vorrebbe andarsene e fare un lavoro che lo facesse sentire meno compromesso. Mah.
La defezione e' strana. Io mi sono data tre regole, per definire quella vera.
Regola uno: deve essere la scelta di qualcuno che ha alternativa. Non dev'essere un ripiego se uno non ce la fa a stare al passo. Credo nella defezione di chi ha successo sociale, dei bravi scolari, delle promesse del tennis. Di chi un giorno si sveglia e sa che ha le forze per cambiare rotta.
Regola due: deve essere vera. Non se ne puo' solo parlare perche' essere troppo convinti di quello che si fa non e' alla moda, non dev'essere un gioco intellettuale e blase'. Di insofferenti alla normalità di un lavoro e una casa ce n'è a iosa, di gente che manda tutto all'aria e si inventa daccapo ce n'è poca.
Regola tre: bisogna che non implichi il rifiuto delle scelte fatte prima, non sia scendere da una nave palesemente in difficolta', perche' se no non e' defezione, e' mancanza di coraggio. Ho lavorato per una multinazionale del petrolio. Ho fatto bene perché si fa sostenibilità dove c'è l'industria, dove ci sono i numeri, dove ci sono le risorse (non solo economiche) per fare le cose in un modo o in un altro. Non me ne pento, anzi. Occorre solo che ci si creda davvero. Tutti, non solo io. In questo momento non mi sembra che sia così.
Se uno ha le tre regole a posto e defeziona gli credo, mi sembra uno che sta tentando una strada nuova.
Se solo una delle regole e' violata, c'e' qualcosa che puzza.
Io, ad esempio, sono abbastanza a posto sulla uno e la tre.
Solo che sulla due ho fallito miseramente, perche' ho deciso di provarci ancora prima di dichiarare che e' proprio il sistema di vita che ho condotto fino ad ora che non va bene. Di capire se in un'altra città, in un'altra azienda, senza la borsa di mezzo può essere diverso.
Quindi evidentemente era ancora il tempo di combattere questa guerra qui, di non inventarne un'altra.
Ancora un po' di voglia di combattere con i bruchi, gli afidi e le coccinelle in questo giardino sempre imperfetto, da qualche parte dentro di me, l'ho trovata. Con fatica, con meno entusiasmo di quello che gli altri manifestano di fronte alla mia scelta. Anche per amore e fiducia nei confronti di un marito che pensa che sia troppo brava per occuparmi di mura ristrette, che debba ancora fare fatica in mezzo agli altri esseri umani prima di scegliere solo bestie e vegetali.
Poi vedremo.
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