Dopo la perfezione assoluta di ieri, con il cielo di cristallo, la citta' tutta spolverata e rimessa a nuovo, il giardino non aveva bisogno di grigio e pioggia. D'altra parte, nemmeno io.
E dire che mi ero svegliata tardi e se non proprio allegra, almeno non in crisi esistenziale. Va bene, era lunedi', ma la mia vita sta per cambiare. Ho scoperto nuove priorita'.
Ho un appuntamento dalla ginecologa, al momento sono convinta che mi trovera' una terribile malattia (sono ipocondriaca, non ve l'avevo detto?), ma e' un chiaro segnale che sono uscita dal momento catatonico e che sto affrontando di nuovo le difficolta' con pragmatismo e determinazione.
Mi e' passata la delusione professionale. Ha lasciato un bel buco, ma almeno non c'e' piu' dolore. Non me ne importa nulla. Qualcuno una volta mi ha detto che i produttori di carrozze non si sono messi a produrre automobili, quando e' stato il momento. Eppure avevano i mezzi di produzione, le competenze, le fabbriche, gli operai. Pero' non hanno saputo vedere che il loro tempo era finito, non hanno saputo vedere il futuro.
Quindi da un'impresa di energie vecchie non uscira' un'azienda di energie nuove. Io fino a un paio di settimane fa non ci credevo. Pensavo che con il mio lavoro avrei aiutato la compagnia che mi ha assunta, quella che sentivo parte di me, a fare qualcosa di molto piu' innovativo e divertente. Buono. Rispettoso. Capace di creare valore per tutti e non solo per gli azionisti. Questa e' una cosa che scrivo da dieci anni su brochure, slides e bilanci.
La cosa ridicola e' che ci credevo. Ero quella che tutti volevano come relatrice ai convegni e ai corsi di formazione, perche' ero entusiasta e credibile. Si vedeva che non la raccontavo, che quello che affermavo lo pensavo davvero.Guardavo negli occhi le persone che mi ascoltavano, dicevo queste cose e sorridevo, pulita. Perchè non stavo mentendo, quel potenziale nell'azienda c'era e io l'avrei reso reale convincendo anche loro. Non che non ci fossero le cose che non vanno, ma il messaggio era vero. Come la suora che sa che dio esiste anche se esiste la chiesa.
Poi e' arrivata la delusione. Non tutta insieme. E' venuta un po' per volta. Come quando si va a una festa e tutti sembrano divertirsi. Allora ti sforzi di farlo anche tu, forse perchè la festa l'hai persino organizzata. Però piano piano vedi gente che sbadiglia, gente che deve proprio andare ma forse è una scusa, gente che ride troppo corto. Alla fine speri solo che nessuno ti veda mentre guardi l'orologio e ti auguri che finisca presto.
C'e' stata una goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una goccia gigantesca. Nella festa all'impovviso qualcuno ha acceso la luce e tutti hanno visto il trucco sfatto, il vestito sporco e la stanza con il pavimento pieno di cicche di sigaretta e bottiglie di birra vuote.
Lei - che sarebbe poi la mia capa, la mia mentore, la mia amica - ha fatto piovere quel minuto in piu' che ha fatto uscire dal sottovaso tutta l'acqua. Adesso non ce n'e' piu'. Il fatto e' che come pianta non ho nemmeno sete. Sono solo un po' sciupata, ma nemmeno tanto. Aspetto tempi migliori, come un cactus. Occorre precisare che a me piacciono tutte le piante, ma quelle grasse un po' meno delle altre. Con l'eccezione delle Kalankoe (si scrive così?), che pero' non sono proprio grasse, sono solo succulente, che invece e' una parola carina. Quindi non è che mi apprezzi molto, in questa versione trattenuta. Di solito sono più una bouganville. Tendo a espandermi appena mi danno un po' di calore, faccio ombra agli altri, ho un colore un po' chiassoso anche se ho i fiori fragili fragili, che basta un soffio di vento e volano via, facili da calpestare.
Al momento però non posso fare altro che resistere da cactus, pungendo le dita di chi mi tocca, sognando di pungere le sue, di dita. Quelle della persona che mi ha tradito e che ho smesso di voler deliziare con i colori più sgargianti, quella che non ha capito che a forza di mettermi alla prova avrebbe fatto meglio a mettersi un paio di guanti.
Questa e' stata una giornata di pioggia di quelle che non rigenerano. Non come nella canzone di Jovanotti, che mi piace cantare nella versione un po' raggae - piove senti comeppiove, madonnacomeppiove senti come viene giù. Speriamo le rose non prendano l'oidio, perche' finalmente quella bianca e rosa antica, quella che si fa pregare per fiorire ed e' sempre sull'orlo di non farcela, nella nuova posizione vicino all'orto ha i boccioli che sembrano pronti.
Io oggi non lo sono, ma non si puo' essere pronti sempre. Non si può essere sempre sgargianti ed espandersi in tutte le direzioni, facendo ombra e proteggendo e prendendosi cura. Devo imparare a essere anche un po' cactus, ad usare le spine.
Bisogna però sempre pensare che si potra' ancora essere entusiasti come se davvero dalla festa si divertissero tutti. Bisogna essere un po' allegri forzati e uscire presto dall'ufficio, anche se si lasciano là dei problemi non risolti, andare a fare la spesa e comprare una piantina di girasole. Perchè in terrazzo non c'è niente di giallo e occorre qualcosa che si intoni con i fiori delle superzucchine. Perchè costava come un caffé e mio marito non si può arrabbiare.
Perchè aiuta ad aspettare una pioggia migliore.
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