mercoledì 22 giugno 2011

Mi annoio da sola (la bellezza delle parole esatte)

Sapete cosa mi piace del giardinaggio? Cosa mi fa proprio impazzire? 
L'uso della lingua italiana. 
Conduco una impopolare, noiosissima e vecchissima (nel senso di "da antica maniaca") battaglia contro la semplificazione del gergo aziendale, l'uso forzato di un lessico di duecento parole, spesso infarcito di termini di moda effimera, oppure che fanno tanto anglosassone. 
Mi vergogno, ma spesso mi trovo a giudicare le persone sulla base di quanti termini usano e, soprattutto, se lo fanno in modo appropriato.
Non e' colpa mia: Biancamaria, quella che mi ha regalato in punto di morte la bellezza della parola crepuscolo, mi ha plasmato la testa fin da piccola con il suo uso preciso della lingua.
Notate bene, non si tratta di essere andati o meno a scuola. Quasi il contrario. Molte persone che hanno un'eccellente proprieta' di linguaggio - non importa se in dialetto o in italiano - hanno fatto la terza elementare e hanno lavorato nei campi tutta la vita. Proprio per questo rispettano le parole. 
E' chiaro, loro lo capiscono, che avere avuto l'opportunita' di imparare a esprimersi in modo ricco e articolato e' una fortuna, ma non e' quello che conta davvero.
Si tratta di essere persone corrette o pretenziose. L'esattezza del parlare non e'  aver mangiato un vocabolario, penso che si possa avere un linguaggio bellissimo anche senza conoscere la denominazione di trenta sfumature di azzurro. Si tratta di avere rispetto delle parole, non usarle a caso, scegliere quelle che si padroneggiano bene e metterle nel modo giusto nella frase. Senza prenderle in prestito gia' fatte. Senza buttarle li' un po' come viene. Senza voler dimostrare di avere piu' lessico di quello che si puo' gestire.
Parlare al di sopra delle proprie possibilita' e' un segno di insicurezza, ma e' anche disprezzo della lingua e assenza di curiosita'. Perche' le parole si possono imparare tutta la vita, mica solo a scuola. Basta ascoltare con il cervello acceso e non credere che bastino due o tre termini in inglese buttati in mezzo a un discorso per dimostrare competenza o, peggio, cultura.
Ho finito il pippone, mi sono annoiata da sola. 
Fra i posti in cui si possono imparare piu' parole precise, ricordarne alcune un po' desuete, incamerare piu' sinonimi, ci sono i cataloghi di giardinaggio. 
Leggo a caso: "Specie fra le piu' diffuse per il fiore reciso grazie alla sua rusticita', alla molteplicita' delle forme dei fiori, alla varieta' incomparabile dei colori. Si adatta a tutti i tipi di terreno, ma predilige quelli fertili, ben drenati, leggeri...". Pagina a fianco: "Specie annuale che produce cespugli robusti destinati a ornare le aiuole dei giardini, grazie alla sua infaticabile fioritura. Esige abbondanti innaffiature, specie nel periodo estivo particolarmente siccitoso. E' specie suscettibile di vegetare anche nei luoghi ombreggiati". 
Sono le descrizioni dell'astro e della balsamina del catalogo Ingegnoli, che ho trovato a casa ieri sera. Un serbatoio di bellezza linguistica e di rispetto per le cose attraverso i loro nomi.
So che a Biancamaria sarebbe piaciuto, come piace a me.  

P.S. Mentre scrivo la gatta piccola sta mangiando il catalogo, distrattamente appoggiato alla sua portata di fianco dell'ipad...ma lei si esprime a fusa e non puo' capire, quindi come sempre la perdono.

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